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LA STORIA DI QUESTE STANZE VA NARRATA PARTENDO DA LONTANO…
Va narrata a partire dai muri del palazzo storico che esse animano e che sorge in via dei Mercanti 1. La targa sopra il portone d’ingresso ci ricorda che il palazzo apparteneva al casato Fontanella e che qui nel 1661 nacque Marianna, futura Madre degli Angeli…
Lo stendardo all’ingresso di Via dei Mercanti ci avvisa che siamo nella Contrada dei Guardinfanti, racchiusa tra le vie Barbaroux, Stampatori, Santa Maria e dei Mercanti.
Qui un tempo venivano confezionate le ingombranti intelaiature a campana che servivano a mantenere la forma gonfia delle gonne: i guarda-infanti, appunto; inizialmente indossati – si dice – a protezione dell’infante portato in grembo, poi solo per moda.
Silenziose e strettissime, le vie della Contrada dei Guardinfanti sono custodi di storie e leggende intriganti e angoli misteriosi. La tradizione commerciale e artigianale – Via Mercanti e via Stampatori conservano ancora il nome delle attività che vi si svolgevano – viene oggi portata avanti da incantevoli negozietti di gioielli e oggetti antichi, fruttivendoli, argenterie e gallerie d’arte.
I lavori di ammodernamento voluti dai Savoia a partire dal Seicento hanno portato al “drizzamento” dell’allora Contrada Dora Grossa – il decumano massimo della città romana di Augusta Taurinorum e attuale via Garibaldi: le facciate dei palazzi prospicienti la via vennero uniformate ai canoni barocchi dell’epoca, ma le antiche viuzze interne – sfuggite a quei lavori – conservano intatta la loro magica atmosfera medievale e, dopo il risanamento iniziato negli anni settanta del novecento, sono tornate ad attirare torinesi e visitatori.
Ed è questo palazzo in questa antica contrada che il mio nonno paterno aveva scelto come ultima sede del suo studio, negli anni settanta: un ampio spazio formato dagli attuali 2 appartamenti.
Anche quella del nonno è una piccola lunga storia, che ha inizio dalla Sicilia, dove era nato. Negli anni venti del novecento, appena ventenne decide di lasciare la tipografia dove lavorava e di intraprendere il viaggio verso il nord; fa promettere a suo padre che lo avrebbero raggiunto a Torino appena si fosse sistemato. E il bisnonno lo promette, anche se malvolentieri.
Purtroppo per lui, l’impavido e determinato figlio riesce a “sistemarsi”. Arriva a Torino nel 1920 e inizia a lavorare in un ufficio del dazio; non gli ci vuole molto per incontrare una bella torinese e sposarla. Il bisnonno non può che raggiungerlo, perché “parola data, come sasso tirato, non torna indietro”.
Il nonno non è ancora soddisfatto: studia, si diploma e negli anni cinquanta apre uno studio commercialista.
Suo figlio – mio papà – e più tardi una delle mie sorelle, prenderanno il suo florido studio e ne proseguiranno l’attività a Torino e in una valle della provincia di Torino.
Io invece da quel nonno ho ereditato il gusto per l’avventura e per il viaggio. Seguendo questa inclinazione ho trasformato il suo studio in due dimore che offrono ristoro ai Mercanti e ai Viaggiatori che qui scelgono di passare la notte.
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